- Carlo Cossignani
Milano Drawing Week
Renata Fabbri è lieta di presentare la prima mostra personale in galleria di Carlo Cossignani. La mostra è parte della Milano Drawing Week, iniziativa a cura della Collezione Ramo. Per l’occasione l’artista presenta una serie di opere che dialogano con Deposizione, ultimo disegno preparatorio (1927) di Adolfo Wildt.
Carlo Cossignani sviluppa la sua ricerca a partire dal concetto di frammento e di vuoto, concepiti come sostanze “potenziali” da plasmare. Il vuoto, in particolare, è il soggetto principale che definisce la recente serie di acquerelli in cui sagome di corpi e sagome antropomorfe si intrecciano e si sovrappongono, dando vita a composizioni fluide e evanescenti. Definite dalla dualità del rapporto tra solido e vuoto, presenza e assenza, luce e ombra, le opere nascono dall’incontro e, allo stesso tempo, dalla distanza che separa i frammenti, evidenziandone la natura reciproca e interdipendente. Ogni spazio vuoto o incompleto implica le tracce delle sue analogie perdute: l’esistenza di una controparte che si manifesta sotto forma di un vuoto o di una presenza “mancante” che attende di essere completata dallo sguardo dell’osservatore.
Oniriche e dall’aura trascendentale, le opere in mostra esplorano le potenzialità formali ed evocative tipiche del disegno su carta e danno vita a relazioni sottili e momenti effimeri, come la trasposizione di un raggio di luce che filtra. La riproduzione visiva di un fenomeno immateriale è per l’artista l’espediente per una ricerca ripetitiva e quasi ossessiva dell’equilibrio tra gli elementi. Il vuoto diventa uno strumento di continuità tra interno ed esterno, tra dimensione personale e collettiva.
Selezionato dall’artista tra le opere della Collezione Ramo, il disegno preparatorio Deposizione dello scultore Adolfo Wildt dialoga con le opere di Cossignani attraverso affinità e legami formali. Legate da un gioco di chiaro-scuri e da rappresentazioni astratte che definiscono entrambi i processi compositivi, le opere in mostra guardano all’interiorità e all’istintività del disegno stesso, creando un rapporto quasi intimo con lo spazio espositivo; allo stesso tempo aprono lo sguardo dell’osservatore alla necessità di ripensare la forma come processo di deformazione e la figura come processo di sfigurazione.